DAL BIBLICO SHALOM AL MODERNO CIAO


Salutare il prossimo non è una semplice convenzione, ma è un segno di rispetto. Se non si saluta per primi o se non si risponde al saluto ci deve essere una buona ragione: vista, udito, preoccupazione, timidezza ecc. Gli abitanti delle città si meravigliano quando vanno in un paese e sono salutati anche da persone che non conoscono. Per capire l’importanza dei saluti, ricordo che “salutare” equivale ad augurare salute, la parola deriva direttamente dalla “salus” ( = salute) latina. Nelle lettere i nostri progenitori latini arrivarono a scrivere, prima della firma S.V.B.E.E.V. Che significava? Era semplicemente un’abbreviazione della formula rituale “Si valeas bene est – ego valeo” che, tradotto in italiano, è “se stai bene, è bene; io sto bene”. Nelle S. Messe i Sacerdoti si rivolgono al popolo con Pax vobis” o più spesso con “Dominus vobiscum” cioè con il saluto più importante: “il Signore sia son voi”. I Francescani hanno adottato “pace e bene” rifacendosi al biblico “shalom” . Gli Arabi usano, per il saluto, le stesse radici ebraiche: “salàm”. .La politica ha voluto mettere lo zampino anche sui saluti: ecco allora il saluto comunista (con il pugno chiuso) e il fascista saluto “romano” (con la mano aperta e il braccio destro alzato). Ed ecco anche il ‘ciao’ del “bella ciao” che ha forse fatto dimenticare l’antica origine biblica della parola. Dalle stesse radici infatti i Veneti introdussero “s-clavo” che significava “schiavo” (= sono suo schiavo) poi evoluto in “s-ciaio”. Così siamo arrivati al nostro “ciao”. Si può anche salutare il prossimo con un generico “salve”, un “buon giorno” o una “buona sera”. Importante è comunque salutare, perché il saluto è un semplice modo per rapportarsi con il prossimo.


Carlo Bologni