Percorso "Pietra" (monumento) di Garibaldi
Luglio
1849, un gruppo di combattenti volontari, stanchi ed affamati, stanno risalendo
il Lazio e l'Umbria e sono da poco Giunti in Toscana; hanno combattuto per
difendere la neonata Repubblica Romana presieduta da Giuseppe Mazzini correndo
da un capo all'altro della città e affrontando contemporaneamente quattro
eserciti, sempre seguendo il loro comandante che per nessuna ragione vuole
rassegnarsi alla resa. Ma quando ormai in un qualsiasi successo non crede più
nessuno, quando i suoi compagni più fedeli sono caduti, anche il comandante
dovrà con grande sofferenza abbandonare il campo; ma cosa può fare adesso uno
come lui, che ha speso la vita a combattere per qualche causa ovunque ci fosse
una causa per la quale combattere? Egli si sente più che mai al soldo di questa
di cause, la più importante di tutte, l'unità della patria. E per questo, da
qualche parte di questa patria si sta ancora combattendo: Venezia è assediata,
ma resiste eroicamente agli Austriaci che la cingono; il richiamo è carnale: lì
lui potrebbe essere di aiuto. Chiede ai compagni superstiti se vogliono seguirlo
in una folle corsa clandestina eludendo le tante polizie che vorrebbero
acciuffarli per arrivare dall'altra parte della penisola, ed in tanti lo
seguono; viaggeranno di notte per sicurezza, sbandandosi ed inselvatichendosi
giorno dopo giorno, ma sempre incitati dal carisma del comandante che si copre
con un poncho sudamericano i brandelli di una camicia che un tempo era stata
rossa. Verso il 19 si troveranno a passare nei pressi di un paesino e
aggirandolo al largo (non si sa mai…) scorgono nelle sua vicinanze un poggio
dalla sommità pianeggiante adatto per accamparsi e rimettere le forze tenendo
d'occhio la campagna circostante, e così si decide di fare; insieme al
comandante c'è la sua donna, che come tutti non rinuncerebbe mai a seguirlo
ovunque decidesse di andare. Ella è allo stremo delle forze; è incinta, forse sa
che il bambino che porta dentro di sé è già morto, forse sente che non arriverà
mai a Venezia.
Quel comandante era Giuseppe Garibaldi, il paesino era Sarteano, il poggio era
il Poggio del Renaio.
Cinquant'anni dopo, per commemorare questa fase di quel travaglio che nel secolo
scorso ha percorso la penisola e ce la ha restituita nel bene e nel male come è
adesso, fu eretto un monumento; è bello, un obelisco in pietra con base
quadrangolare e delle lapidi descrittive, entrato nella fraseggiatura locale
come "il Monumento" o "la Pietra di Garibaldi". Per tanto tempo ha rappresentato
persino una occasione di ritrovo in quanto vi si teneva una festa popolare,
quando per fare festa bastava una messa, una fisarmonica, una porchetta, ma era
festa davvero.
Oggi, se esso non è proprio dimenticato, sicuramente non ci pensa più nessuno.
Andarlo a visitare può rappresentare una delusione per come si presenta il
tutto, ma forse è bene andarci lo stesso sia per la memoria storica che per la
gradevole passeggiata che costituisce il percorso panoramico e veramente breve:
si trova infatti proprio dietro il parco delle piscine.
Partiamo ancora dalla Piazza Bargagli e dirigiamoci a piedi, che è il mezzo
migliore per questo tipo di percorso, lungo la Via di Fuori verso il bivio a
sinistra imboccando Via del bagno Santo per arrivare all'ingresso della piscina;
dal piazzale antistante, recentemente allargato per formare un nuovo e più ampio
parcheggio, prendiamo la strada sterrata sulla parte destra che va a costeggiare
la recinzione del parco e dopo pochi metri giriamo a sinistra sempre lungo la
recinzione oltrepassando un ponticello su un canale rivestito di cemento che da
qui prosegue attraversando il campeggio. Andando avanti, la strada gira verso
destra cominciando a salire notevolmente; quando saremo quasi in cima alla
salita, in alto tra gli alberi dovremmo già scorgere l'obelisco che ci farà da
riferimento; dato che sono in corso i lavori di ristrutturazione del podere
Renaio che adesso avremo davanti, infatti, parte della strada principale che
stiamo percorrendo potrebbe venire a trovarsi su proprietà privata e noi
potremmo in caso salire sul poggio attraverso un viottolo battuto ben visibile
che dallo spiazzo proprio sopra la villetta che dovremmo avere a sinistra, ci
porterà attraverso gli alberi proprio di fronte al Monumento.
Eccocci dunque arrivati; se lo spiazzo che lo ospita evidenzia lo stato di
abbandono con erbacce incolte e attrezzi agricoli inutilizzati buttati in giro,
l'obelisco conserva ancora la sua dignità: la targa superiore di forma
tondeggiante testimonia l'orgoglio della popolazione del paese per la sua posa,
mentre quella inferiore in pietra vuole rievocare la situazione al momento del
passaggio dell'eroe. La stella che un tempo stava in cima si è rotta; una volta,
guardandolo dalla parte posteriore dove il terreno va a salire verso il bosco,
si poteva godere della bella composizione che esso formava con il profilo del
paese e della rocca sullo sfondo, ma ora si può ben constatare di come la
vegetazione cresciuta senza controllo abbia nascosto la visuale tutto intorno.
Se adesso ci riposiamo dalla salita intrapresa, potremmo provare un momento ad
immaginare quei due giorni di oltre un secolo e mezzo fa, quando il gruppo di
fuggiaschi acquattati sull'erba qui intorno osservava sospettoso il paesino del
Granducato davanti a loro, tutto racchiuso nelle sue mura con uno stradone a
sterro che ci passava intorno (l'attuale Via di Fuori) e vi saliva all'interno
nell'apertura che in esse era stata praticata appena sei anni prima con ancora
visibili (pare) la macerie derivate dai lavori, e solo pochi poderi intorno. Da
una pubblicazione che circola in America Latina risulterebbe che essi abbiano
anche saccheggiato la frateria della chiesa di San Francesco, ma chissà se sarà
vero. Di loro, comunque, nessuno arriverà a Venezia; sebbene l'iscrizione sulla
lapide non ne faccia cenno, insieme a Garibaldi si trovavano altri personaggi di
spicco della scena risorgimentale quali Livraghi, il padre barnabita Ugo Bassi,
il colorito personaggio romano Ciceruacchio con i suoi due figli che finiranno
tutti fucilati a Comacchio dagli inferociti Austriaci. Anche Anita, la compagna
di Garibaldi, morirà di stenti presso Ravenna mentre lui continuerà la sua
disperata anabasi ripiegando verso la Maremma. Sembra insomma che il monumento
sul poggio sarteanese voglia simboleggiare quanto lungo, difficile e travagliato
sua stato il nostro Risorgimento al contrario di certa storiografia superficiale
che vorrebbe farlo apparire una cavalcata di eroi, battaglie vinte e splendenti
ideali, che se veramente lo fosse stato avrebbe generato una nazione sicuramente
più sana.